Biografia dell’egiziana Huda Shaarawi

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L’epistola del perdono


Religione e miscredenza,
storie che si raccontano,
unaRivelazione (coranica)
che fa testo, una Torah e
un Vangelo. Ogni generazione crede alle sue
vanità; ma ve ne fu mai una che conobbe la
retta via?».Così scriveva nell’XIsecolo il poeta
cieco Abu- l-‘Ala- al-Ma‘arri -, vissuto nella Siria
settentrionale in un contesto religioso plurale.
Era critico delle dottrine religiose popolari,
al punto da accettare il digiuno e la preghiera,
manonilpellegrinaggioallaMeccaperché–a
suo parere – assimilabile a una pratica pagana.
Asceta rigorosomaeccentrico, recluso dal
mondo seppur attorniato da discepoli, nei
suoi versi fa riferimento a un Imam in cui la
gente spera e «che sorgerà nei muti ranghi».
Masubito aggiunge: «Vano pensiero! Nonc’è
altroImamche la ragione per fungere da guida
al mattino e alla sera». E se l’unico Imam è
laragione,ilpoetaèconsapevoledeisuoilimiti
e approda a un senso di smarrimento in cui
«imusulmanieicristianinonsonobenguidati,
gli ebreisonoperplessieimagi(zoroastriani)
fuoristrada».Sonoquestiversiscettici,abile
miscela di fede e miscredenza, a renderlo al
tempostessoereticoeattraenteperipensatoriarabicontemporanei.
Comenelcasodell’intellettuale
egiziano Taha Husayn, allievo
dell’arabista Nallino, che scelse al-Ma‘arri – come
argomento di dottorato ma, pubblicata la
tesi nel 1915, fu accusato di ateismo.
Di al-Ma‘arri-, benestante al punto da poter
fare della scrittura lapropria attività principale,
è stata finalmente pubblicata la prima
traduzione italiana dell’Epistola del perdono
che–secondoalcuni autorimanonper
il curatore Martino Diez – avrebbe ispirato
la Divina Commedia.
Rispetto all’opera di Dante, in al-Ma‘arri- a
prevalere è una satira pungente. Come nel
dialogo tra Iblis e un personaggio nell’infernodel
perdono: «Sono Tizio Figlio di Caio, di
Aleppo. Di mestiere ero letterato e facevo dono
delle mie poesie ai re». «Gran brutto mestiere!
», commenta Iblis. «Ti dà un tozzo di
pane che non ci sfami la famiglia ed è pieno
d’insidie. Avrei una cosa da chiederti sul vino,
vietato sulla terra e lecito nell’aldilà: gli
abitanti del Paradiso si comportano con gli
efebi eternamente giovani come gli abitanti
di Sodoma e Gomorra?». «Scellerato! Non
hai sentito le parole dell’Altissimo: “E avrannoivisposepurissime,
eviresterannoineterno!”
». Ma Iblis replica, con un tono da indispettire
i mullah (e non solo): «In Paradiso vi
sono molte altre bevande oltre al vino, eppure
preferiscono ciò che era loro vietato… ».


La recensione del libro di Abu- l-‘Ala- al-Ma‘arri, pubblicato da Einaudi.

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